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Libri

       Il libro. L’editore peQuod pubblica l’opera della piena maturità – La luce vasta del giorno nella poesia di Biagio Accardo

di Vincenzo Di Stefano

«La maturità è tutto» («Ripeness is all»), sosteneva Cesare Pavese, in esergo a «La luna e i falò», citando il «Re Lear» shakespeariano, per il quale la maturità consisteva nel prendere consapevolezza del momento opportuno per «uscire dal mondo». Con «Luce del più vasto giorno», Biagio Accardo ha probabilmente composto, all’approssimarsi dei settant’anni (li compirà l’anno prossimo), l’opera della piena maturità. Che non coincide, come per Pavese, nel comprendere che non c’è scampo al «vizio assurdo», alla volontà di auto-annientamento, al cedere infine alla pulsione di morte. Bensì nel guardare alla vita che s’è vissuta, con una sorta di placida condiscendenza. Nell’elegante e curatissima edizione della marchigiana peQuod, l’ultima raccolta del poeta santaninfese è una sorta di diario di bordo introspettivo, autentico e commovente, nonché, al contempo, il tentativo, quasi, di stendere un resoconto di vita. E d’altronde, Accardo è sempre stato, fin dall’esordio de «La notte ha lunghe radici» (2009), un poeta ancorato alla vita, ai suoi fatti minimi, agli affetti familiari, al cortile domestico, alla propria terra «sicana». Quantunque fortemente improntata da una forte tensione verso il trascendente – che Accardo coglie negli aspetti più vari dell’esistenza – la sua è sempre stata una poesia «materiale», concreta, di carne e sangue, ossa e muscoli, fatica e sudore. Una poesia in cui, peraltro, gli elementi naturali (l’acqua specialmente) hanno un ruolo fondamentale. Rimasto appartato per decenni, se si eccettua la partecipazione a qualche sporadico certame letterario negli anni ’80 e ’90, è solo nel 2009, a 55 anni, che Accardo si decide a dare alle stampe una sua raccolta, la già citata «La notte ha lunghe radici». È un esordio folgorante: la silloge contiene in sé, già pienamente definiti, tutti i temi che il poeta svilupperà nelle opere successive, a partire dall’inesausta domanda sulla presenza del divino. Ed è nell’opera prima che si afferma, da subito, la qualità della parola poetica e quella del verso (ricercatissima la prima, curatissimo il secondo). Così come già chiari sono i riferimenti alti, a partire da Montale, Caproni, Luzi. Poeti ai quali presto si affiancheranno, a comporre una sorta di ideale pantheon, Yves Bonnefoy, Rainer Maria Rilke e Pierluigi Cappello. La lirica di Accardo, per via di una sorta di concezione mistica della parola, può essere annoverata tra quella ermetica; un ermetismo che fa velo alla componente esistenziale. Come è evidente nella successiva raccolta, «Fratello in ombra» (2016). E come in parte è anche nella complessa partitura di «Ascetica del quotidiano» (2019), dove la voce narrante, il servo del viaggiatore arabo-andaluso Ibn Jubayr, diventa un vero e proprio alter ego dello scrittore. Ad ogni silloge, la qualità del lavoro di cesello è evidente, al punto da risultare la poesia talmente precisa, talmente curata, da non portare alcun segno, alcuna cicatrice, di questo faticosissimo labor limae. Ne è testimonianza la raccolta «Fa’ che non sia domenica», pubblicata nel volume a più voci «La poesia è infinita come la vita» (2018). Ma soprattutto ne rende fedele deposizione proprio «Luce del più vasto giorno», raccolta ricchissima e dagli esiti altissimi, dove presiede spessissimo il livello metaforico (e allegorico), assecondato da un verso sempre pulito, quasi essenziale, nel quale frequente è il ricorso allo «slittamento», alla carenza di segni di interpunzione, quasi a rendere una sorta di flusso di coscienza libero da ogni costrizione. Le otto sezioni del libro (che raccoglie liriche composte tra il 2009 e il 2022), pur nella diversità tematica che qui e là si riscontra, hanno la compattezza della grande opera, perché l’autore è riuscito a ricomporre ad unità i frammenti. Per questo la raccolta ha un respiro largo, e porta con sé la luce ampia, appunto, del più vasto giorno.

Il libro: «Luce del più vasto giorno», di Biagio Accardo (peQuod, pagine 144, 15 euro)

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