Il teatro, il talento e la passione. La tesi di laurea di Rossella Marino su Luana Rondinelli
Due amiche; una comune esperienza con il teatro, due strade che lievemente si separano per poi rincontrarsi, ed esaudire un ‘sogno’, fino a quel momento impalpabile, che oggi è grande motivo d’orgoglio: una tesi di laurea, sulle opere, e la vita teatrale, di una delle due. Autrice del lavoro universitario è Rossella Marino, marsalese, che vive a Genova da cinque anni. Lì insegna materie letterarie: l’anno scorso al Liceo, quest’anno in una scuola media. Musa ispiratrice della tesi di laurea è Luana Rondinelli, attrice e regista di fama nazionale, con importanti esperienze maturate anche oltreoceano, da sempre impegnata nel sociale, con particolare riguardo alle campagne di sensibilizzazione sulla violenza di genere. E orgoglio marsalese. Rossella Marino dopo aver fatto teatro a sua volta, aver sperimentato forme artistiche diverse, tra cui la radio (ha condotto anni fa “Menomalevà. Storie di ordinaria quotidianità”, un programma di informazione e intrattenimento) e aver terminato l’Università a Palermo, si è laureata con una tesi sul Teatro e Drammaturgia dell’antichità dedicata proprio all’impegno e alla produzione di Luana. “Spero di tornare in Sicilia quanto prima – dice – perché è lì che voglio vivere, e morire. Voglio ritornare anche per poter insegnare parlando ogni tanto il mio dialetto. Lingua che amo, come la Sicilia tutta. Ho fatto l’Università a Palermo e sono innamorata di quella città e della mia terra”. E della tesi di laurea, e di Luana Rondinelli, racconta con dovizia di ricordi e particolari, l’inizio del percorso e il cammino insieme. Un intenso e coinvolgente ‘spaccato di vita’ che riporta in tanti alle emozioni di quegli anni intrisi di creativa giovinezza:
“Conosco Luana da molti anni. I primi ricordi di noi due risalgono alla scuola di teatro di Michele Perriera. 2004/2005. Avevo già frequentato il mio biennio come attrice e mi accingevo a sperimentare i primi lavori di regia assieme ai ragazzi del corso successivo. Il talento di Luana già si manifestava, ancora timido e acerbo, ma eloquente e intenso.
Io la guardavo da lontano. Erano pochi i contatti tra di noi.
In seguito la sua vita si spostò a Roma e la mia a Palermo, dove frequentavo all’Università la Facoltà di Lettere Moderne. Fino al nostro nuovo incontro, nel 2013. Conoscerci e frequentarci in una fase diversa della nostra vita ha permesso un confronto interessante. Ci siamo riscoperte. È stato grazie a quell’estate che ho avuto modo di veder nascere le sue creature. Avevo già letto “Taddrarite” e mi ero appassionata alle sue tre donne, ma assistere al work in progress di “Giacominazza” mi ha incantata. Nell’estate del 2013, mentre Luana lavorava a questo testo, io assistevo quasi basita al processo creativo che accompagnava la stesura dei suoi momenti salienti. Si materializzavano dinanzi a me i caratteri di queste due “fimmine”, voci di generazioni differenti, ma accomunate da un’identica condizione: una alter ego dell’altra. La riproposta così originale del consueto gioco di specchi, irresistibile attrattiva per l’artista che desidera scandagliare la mente umana e il suo comportamento, mi affascinava. Era la freschezza delle pennellate con cui definiva i contorni del mondo femminile, la naturalezza e immediatezza con cui gestiva i personaggi che mi stupiva. Il gesto spariva per dar spazio al risultato finale. E vedevo quelle pagine riempirsi, giorno dopo giorno. Ai miei occhi Luana possedeva l’abilità del prestigiatore. Senza trucco, né tanto meno inganno.
La mia ammirazione si stava traducendo nella curiosità e nella voglia di analizzare i processi che portano alla composizione di dialoghi, soggetti, in atmosfere dal sapore di antico che incontra istanze moderne e attuali. Luana utilizza un dialetto senza contaminazioni. Lo alterna abilmente con l’italiano per renderne più fruibile la ricezione. È la lingua della nostra zona, il marsalese. Non un siciliano qualsiasi e stilizzato, ma il dialetto parlato nel territorio di Marsala, fatto di finali aperte e di cantilene. Ma è una lingua che non assume mai le caratteristiche della macchietta; ha in sé tutta la vis drammatica dei personaggi a tutto tondo a cui dà la parola. È viscerale, dunque autentica. Penso che il primo amore sia stato proprio nei confronti della lingua. Stavo preparando la tesi di laurea in Lettere Moderne. Sapevo che volevo scrivere una tesi sul teatro. E la risposta la stavo vivendo.
Mi sono immersa, così, nello studio e nell’analisi dei testi di Luana. Ai tempi erano soltanto tre: la trilogia di cui fa parte “Taddrarite”, “Giacominazza” e “A testa sutta”.
Adesso il desiderio è quello di recuperare il mio lavoro di tesi per poterlo pubblicare, dopo un attento labor limae.
Credo che su Luana Rondinelli ci sarà molto da scrivere in futuro. Ancor di più di quello che è già stato scritto”.
