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‘Devastazioni. Il femminismo a casa mia’. Rubrica di Daniela Gambino

Certe volte, vengo a patti con la mia parte maschilista. La parte che considera l’uomo quello forte e quello decisionista. Storicamente, gli uomini, si sono presi questo compito, e non è un compito facile.

In gran segreto una parte di me, si ripete: per fortuna che gli uomini se lo accollano. Da cambiare le ruote dell’auto, a costruire una casa, fino a dare la caccia agli scarafaggi. Gli uomini arrivano con la scopa in mano e mantengono l’atteggiamento, “lo mando fuori io”. Senza rabbrividire. La scienza mi dà torto e ci spiega che non è vero: noi donne non siamo più emotive degli uomini. Infatti la stragrande maggioranza di noi ha imparato a cavarsela da sola. A causa dei movimenti ormonali (sia in periodo fertile che in menopausa, ‘sti ormoni ci avrebbero sempre rese inaffidabili), però, le donne sono state tagliate fuori da un sacco di campi, per secoli, tipo votare o testimoniare ai processi. Gli uomini, con i casini che combinano, invece no, sono stati, ingiustamente (e ne pagano le conseguenze) considerati affidabili.

Quando leggo la storia, mi rendo conto che andrebbe riscritta, perché mi ha influenzata, anzi, mi ha proprio convinta. Perché, volente o nolente, dà ragione a quell’agire maschile guascone, fatto di coraggio incosciente, di egocentrismo fuori da ogni controllo, che porta alla conquista, all’occupazione di territori, che porta il condottiero a convincere le truppe ad andare a morte, a vivere per anni in trincea, ad impugnare le armi, combattere, cancellare, vincere a ogni costo, e altri atti, che se ci pensate, sono da lettino dello psicoanalista, invece li fanno entrare nella storia dalla porta principale.

Uno che mi ha sempre fatto grande simpatia, Napoleone, per esempio, si fa incoronare imperatore nel 1804, “con un vestito di velluto bianco decorato d’oro e con bottoni di diamanti, con una tunica cremisi ed un mantello corto cremisi con linee di satin”. E indossa la corona da solo perché non riconosceva nessuna figura al di sopra della sua. Per se stesso lui era la massima autorità, punto.

Ci sarebbe stata bene una postilla, sui libri, in cui si notava questo come mancanza di atteggiamento democratico e, anche se non sono una psicologa, la segnalazione di un probabile disturbo della personalità.

Oltretutto la Grande armata di Napoleone contò circa 400.000 morti e dispersi e 100.000 prigionieri. Gente che non sarebbe mai più tornata a casa, alcuni di loro, morti di freddo, di fame, in modo atroce.

Mandati lì da Napoleone. Nessuno si ricorderà di loro, mentre di Napoleone sì, tutti sappiamo chi è.

Se sfogliamo un libro di storia, salta fuori. Parte delle decisioni degli uomini hanno riguardato cose come attaccare, mandare avanti uomini armati, speronare, lanciare bombe. Dichiarare guerra. Questi uomini gloriosi, considerati affidabili, sono stati, allevati, convinti, di essere nati per questo: combattere e vincere.

Hanno sviluppato menti sopraffini, sono stati strateghi. Ma la storia non ce lo racconta. Magari sono stati costretti da eventi, da ascendenze dinastiche, “dovevi impugnare le armi e difendere il regno”. Ma sono stati questo: terrorizzati, spaventati, guerrieri che hanno soffocato ogni paura, in maniera direi, chirurgica, patologica.

Gente che scendeva in campo davvero, non come si dice adesso per la politica, dove infuriava la battaglia, e menava fendenti, guardava il nemico morire o agonizzare.

La storia non ce lo racconta. Garibaldi attaccava per primo e frontalmente. Ora diciamo “alla garibaldina”. Somiglia al monito “chi mena per primo mena due volte”.

Forse attaccava per primo per questo, magari, che ne sappiamo, per menare due volte, per ansia, per paura.

Sono entrati nella storia e nessuno ce lo ha mai spiegato: chissà quanta paura ha fatto a questi uomini, quanto puro terrore da minare l’equilibrio, decidere del mondo.

Daniela Gambino: palermitana doc, ha scritto una dozzina di libri, fra cui il saggio Media: la versione delle donne. Indagine sul giornalismo al femminile in Italia, uscito per Effequ; per caso è diventata una attivista etero per i diritti LGBT (per caso, perché i diritti umani sono degli umani e basta) con il saggio 10 gay che salvano l’Italia oggi, ha scritto il romanzo La perdonanza (entrambi i volumi pubblicati dalla casa editrice Laurana). Gestisce su facebook il blog @Comunicarepop. È in libreria con Conto i giorni felici, edito da Graphe.it, e sta lavorando al saggio Devastazioni, il femminismo a casa mia.

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