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Arte

Una nuova realtà per il cinema tunisino: “Harga” il film di Lassaad Oueslati

Di Alfonso Campisi

Il cinema tunisino inizia a occupare un posto di rilievo nel panorama cinematografico nazionale e internazionale. Dopo il successo del film “L’homme qui a vendu sa peau” della regista franco-tunisina Kaouther Ben Hania di 43 anni, nata a Sidi Bouzid, città marginalizzata del centro della Tunisia, già nota al grande pubblico, con il lungometraggio “La Belle et la Meute” affronta il triste tema dello stupro di una donna tunisina che combattendo contro tutti i pregiudizi di una società conservatrice mediterranea, ha il coraggio di sporgere denuncia riuscendo cosi’ a far condannare gli stupratori. “L’homme qui a vendu sa peau” é il primo film tunisino selezionato agli Oscar, un avvenimento nazionale “storico” per la Tunisia e per tutta la sua cinematografia. Ma con il mese di ramadan, la produzione cinematografica tunisina si quadruplica e questo per effetto degli sponsor pubblicitari che approfittano del momento di riunione familiare davanti alla televisione nel momento della rottura del digiuno. Grande rivelazione di quest’anno, è stato “Harga”, il film in diverse puntate del regista tunisino Lassaad Oueslati che ha visto la partecipazione di bravissimi attori tunisini e italo-tunisini come la giovane rivelazione dell’italo-tunisina Yasmine Bouabid, con la straordinaria interpretazione della grande attrice Wajiha Jandoubi nel ruolo di “madre coraggio”, dell’affermato attore Aymen Mabrouk, che ha già interpretato diversi ruoli in fiction italiane e tunisine, e di giovani attori tunisini come Aicha Ben Ahmed, Hakim Boumasseoudi, Malek Ben Saâd, Riadh Hamdi, Rim Hamrouni, Oussema Kochar, Mohamed Hassine Hrayaa, Mhadheb Remili senza dimenticare la partecipazione di sub-sahariani e italiani che hanno contribuito a rendere accattivante il dramma dell’emigrazione. In effetti il film “Harga” che in arabo tunisino potremmo tradurre con “bruciare le frontiere”, tratta del triste problema dell’emigrazione dei giovani e meno giovani tunisini che decidono di lasciare il loro paese, i loro affetti… perché si sentono abbandonati a loro stessi, una società in preda alla disoccupazione e alla crisi economica, che come in tutti i paesi anche tra i più ricchi, ha ridotto in precarietà le fasce più vulnerabili della società e tra questi ovviamente i giovani. L’Italia non potrebbe di certo dare lezioni quanto al problema emigrazione visto che tantissimi giovani italiani sentendosi abbandonati dal proprio governo, cosi’ come i loro coetanei tunisini, lasciano il paese in cerca di fortuna con la sola grande differenza di poter lasciare l’Italia senza il bisogno di un vergognoso visto… Ma per ritornare al film di Lassaad Oueslati, per il quale il regista ha recentemente rilasciato un’intervista al prestigioso quotidiano francese “Le Monde”, è riuscito ad evitare gli stereotipi legati ai soliti clichés sull’emigrazione, curando particolarmente le motivazioni meno note al grande pubblico come il dramma di una ragazza madre che ostinata a portare la gravidanza a termine, esposta alle pressioni familiari, decide di scappare dal suo paesino a causa del giudizio retrogrado e discriminante della società nella quale vive, o ancora la fuga di un artista, un burattinaio, che con la crisi economica si vede rifiutare l’accesso al teatro dove aveva esercitato la professione per anni. Ma il film è di denuncia contro la corruzione di certi agenti di polizia e della dogana tunisina complici delle partenze clandestine, della mafia italiana e tunisina che gestisce il traffico nauseabondo di vite umane nel Mediterraneo con la complicità di politici corrotti, le situazioni inumane dei “centri di accoglienza” italiani, veri campi di prigionia sovraffollati con condizioni igieniche inesistenti, gli avvocati che approfittano da sciacalli della debolezza e del dolore dei genitori in cerca dei propri figli… Il film “Harga” é riuscito a denunciare e a descrivere quello che altri film sull’emigrazione clandestina non sono riusciti a dare, proprio perché Lassaad Oueslati è riuscito ad allontanarsi dalle solite tematiche come povertà e disperazione in cui l’aspetto culturale viene spesso dimenticato. Le visite dei ministri della Difesa e degli Interni italiani in Tunisia continuano a non servire a nulla. Offrire una motovedetta alla Marina Tunisina come se fosse il grande scoop del secolo o aiuti di altro genere in cambio di un controllo più efficace delle coste tunisine, non serve ancora una volta a nulla. I governi italiani che si sono succeduti in questi anni post rivoluzione, non hanno ancora compreso che la Tunisia, grande paese di cultura millenaria, è l’avamposto dell’Europa e grande partner strategico dell’Italia e dell’Europa tutta, “porte d’entrée” economica verso il continente africano e che se si vorrà risolvere il problema dell’emigrazione clandestina, bisognerà intervenire seriamente sull’economia e sulla cultura del paese nord africano, non appoggiare più, come l’Italia ha fatto nel passato, i governi estremisti e retrogradi filo islamisti responsabili del declino economico, politico e culturale della Tunisia… non certo con doni di motovedette, che il triste fenomeno dell’emigrazione sarà fermato.

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