Non ho capito quando è nata la dittatura della magrezza. Non esiste una dittatura dell’intelligenza, del sapere, della bontà. Ma della magrezza sì, è evidente.
Non ho una datazione. Il momento esatto in cui essere magre vale più di essere brillanti, simpatiche e, soprattutto, sane e in buona salute, più fotogeniche e adatte a instagram. Ma arriva da lontano. Credo che persino la regina Maria Antonietta, fosse ossessionata dal peso.
Forse la svolta, cioè in cui il bisogno di essere magre diventa un’ondata pop, arriva dagli anni Settanta, con immagini televisive e corpi filiformi e agili. Credo. Non sono una storica e non voglio parlare di questo. Però ho visto il silenzio degli innocenti negli anni ‘90 e so che “si desidera quello che si vede”.
Posso dirvi che quando nasco io, cinquanta anni fa, già la magrezza è anelata, auspicata, occupa pagine e pagine di giornali, con immagini di ragazze, magre e giovani, con ogni probabilità appena sbocciate, post adolescenza pura, giusto quel periodo in cui, da poco, si sono allungati gli arti. Un breve periodo della vita, di transizione, che detta legge a livello mediatico, invece, per sempre ed è perseguito a qualsiasi costo. Ricordo le pillole, i lassativi. Ma chi ha voglia di prendere un lassativo se non con la promessa di dimagrire?
Ma se persino Brooke Shields, mito degli anni ’80 periodo in cu avevo tipo dieci anni, faticò, una volta cresciuta, ad abituarsi al suo corpo bellissimo, ma non più esile come quella di una adolescente, figuriamoci noi.
Essere a dieta, aver paura di ingrassare, è continuamente esibito dalle donne.
A volte ci controlliamo fra di noi e, qualche volta, è capitato che mangiassi un piatto di fritti e qualche amica presente commentasse ‘ma fanno ingrassare!’.
A volte, durante le cene, ci consultiamo, “ma tu il dessert lo mangi, che fa, lo dividiamo?”, come se fosse un atto coraggioso, addentare una cheese cake.
Gli uomini non ci trovano nulla di strano. Per loro, l’ossessione femminile per la magrezza è quasi folkloristica. Avere compagne, figlie, fissate con la dieta è naturale.
A volte se devono progettare una cena tengono conto delle amiche “sempre a dieta” o di quelle che “tanto non mangia niente, fai l’insalata”.
A meno ché non svengano o fatichino a reggersi in piedi, di solito nessuno allerta un medico.
Naomi Wolf scrive un concetto noto, nel suo saggio Il mito della bellezza, “una cultura fissata con la magrezza femminile non rappresenta un’ossessione per la bellezza femminile, bensì per l’obbedienza femminile. La dieta è il più potente sedativo politico della storia delle donne: una popolazione placidamente folle è più facile da gestire”.
Non so. Il problema è che ho l’impressione che il sedativo ce lo somministriamo da sole.
Che gli uomini, a volte, ci invitino alla trasgressione ‘e dai, mangia’, e noi magari mangiamo, lì, con loro. E poi, in seguito, restiamo tre giorni a stecchetto per paura di prendere peso e di sfigurare, rispetto al catalogo di forever adolescenti esibito nel web che sta lì, nei nostri smartphone, a portata di mano.
Certe volte, ai maschi farei un piccolo trattato di biologia e anatomia ”questi corpi di donna che amate, che desiderate, funzionano così, mettetevelo in testa: al 18esimo aperitivo con patatine di seguito, mettono la pancia, esattamente come voi”. Dovete saperlo. Non stanno lì per condividere abbuffate e rimanere perfetti. Ci vuole verità.
La prima cover con modelle curvy, per esempio, su Vogue, è datata 2000.
Se ci pensate, pochissimo tempo fa.
E sorprende, perché Vogue, come molte riviste femminili, è tradizionalmente diretta da donne, quindi, mi chiedo, è stato davvero un uomo a dare il permesso di sdoganare le donne in carne in copertina?
Sì, provoco, lo so che è stato “il mercato”, ma lo vogliamo cambiare, un poco?
Oppure ci bacchettiamo e teniamo d’occhio a vicenda? . Esattamente come certi aguzzini che scopri essere solo detenuti di lungo corso.
Come i crumiri, non siamo solidali con le altre donne, mentre si ribellano al mito della magrezza? Non so. Anzi. A volte Inorridiamo. ‘ma come? -, ci domandiamo – con quale presunzione costei vuole sottrarsi al bisogno di sedurre? E mangia, mangia senza paura’ .
Questo corpo femminile è continuamente indagato e soppesato, valutato nel suo comportamento, per la maniera in cui si muove nel mondo: il modo in cui cresce, invecchia, cambia, si allarga o restringe, si veste, e risulta in foto. Per la postura, una delle ultime fisse, la bella postura. Questa mia educazione al femminile (come si diventa donna e perché?), è tutt’ora in fieri, con molti ostacoli, difficoltà e tantissime soddisfazioni, posso vantare anche una breve elencazione di episodi di riprovazione somministrai affinché io tornassi sulla retta via e reagissi, facessi e dicessi, come ci si aspetti che reagisca, faccia e dica una donna.
Ovviamente, gli uomini, per gelosia e controllo, hanno cercato di dire la loro sul mio corpo.
Anche uomini sconosciuti, hanno tentato il giudizio. Su peso, età, scelte (il famoso ‘dovresti fare, oppure’ potresti scrivere di…)
Ma volevo riflettere su quanto l’ipotetico corretto comportamento femminile, sia spesso un insegnamento che ci impartiamo fra noi donne. Come vestirsi, come atteggiarsi. Ripeto, non sono una storica. Sappiamo che a un certo punto, abbiamo cominciato a prendere per buona questa impostazione del patriarcato, tanto che gli uomini non hanno più bisogno di sorvegliarci in questo ambito, lo facciamo autonomamente. Perché? Una idea me la sono fatta. Per la paura della solitudine. La paura della solitudine ha surclassato persino le lotte femministe. Non vi dichiarate femministe perché non è sexy (credo l’abbia detto Isabel Allende) . Riporta, nella nostra testa a un universo culturale che non è alla portata di tutti e tutte. Che non è divertente come una seduta in palestra o dal parrucchiere, mentre non solo lo è (perché è bello conoscere i diritti, sperimentarli, essere libere), ma è persino simile, attinente (ne riparleremo).
Ci vuole un femminismo da spiegare in poche battute a una ragazzina arrabbiata senza alcuna base culturale in merito. Non possiamo sempre sperare in un percorso di consapevolezza autodidatta. Nessuno vuole sentirsi rimproverare o dare della “poco emancipata” da un’altra donna che si dichiara emancipata, nessuno, nemmeno io. Soprattutto se questa ha gli strumenti culturali adeguati.
Ci vogliono parole semplici, esempi semplici, ma non semplificati: esempi di vita vera. Perché le nostre madri, le nostre nonne, hanno compiuto delle vere imprese da sole, perfettamente sole. Perché gli uomini non possono e non devono diventare ostacoli alla nostra felicità (e lo sottolineo anche per la loro, di felicità). Bisogna che una ragazza di un quartiere a rischio, di un qualsiasi sud o nord del mondo, sappia cosa ‘ne viene a me?’, quali sono i vantaggi del femminismo, di questa lotta, nella mia vita di tutti i giorni? Se no la partita è sempre persa. Se è più conveniente fare un buon matrimonio, se sei più accettata quando sei in coppia, se diventa più semplice sedurre un uomo di potere e sperare di farsi campare, di farsi vedere in tivvù, invece che trovare un buon lavoro a parità di salario, un lavoro dignitoso, è chiaro che le ragazze sceglieranno questo(o saranno più a rischio di scegliere questo, quantomeno).
Se rimarrà più importante sentirsi dire “sei bella e magra” piuttosto che “sei intelligente”. La rivoluzione va fatta sul sistema, sui valori. Bisogna ridare importanza ai sentimenti. Quelli che le donne bramano, che sanno maneggiare. Le donne in quanto emotive e sentimentali hanno competenze che possono declinare in politica, nella scienza, nel sociale, con estrema efficacia. Chiediamoci, quanto spazio sui media viene dato a storie femminili esemplari? È importante raccontarle bene. Perché se le riviste di gossip non verranno prese per quello che sono, pettegolezzi. Se ti fanno credere che sei più interessante vestita in un certo modo, piuttosto di spiegarti che è solo un atteggiamento superficiale e tu, sei altrove e vai bene sempre e comunque, la partita è persa. Poi non so nemmeno se è una partita. Ma quello che si perdono di loro stesse, le donne, quando si convincono di esistere solo se un uomo le guarda, se le fa sentire ‘principesse’ è infinito. Siate principesse di voi stesse. L’amore è fantastico, ma quello per se stesse non finisce mai
Ma torniamo al desiderio di essere pelle e ossa, siamo noi che dobbiamo creare un nuovo modo, allegro, ironico, di ribellarci al mito della magrezza.
Vedo sui social ragazze che smantellano imposizioni e segnalano filtri e altre app che modificano in modo impossibile i corpi. Ne esistono centinaia, tolgono centimetri, allargano occhi e addirittura truccano, con un make up degno di una star.
Parlano con franchezza di body positive, accentrano il binomio benessere e salute. La dieta non come esempio folkloristico, “tantp quella non mangia niente”, ma capacità di conoscere i propri bisogni.
Di sapere cos’è l’anoressia, combatterla.
Ci ricordano l’appartenenza, ci ricordano che il corpo è nostro ed è dignitoso, necessario, personale, anche il bisogno di curarsi, di mangiare sano. Senza strafare. Siamo passati “dall’utero è mio e lo gestisco io”, al ‘Il corpo è mio e lo accetto io’ . Con amore. Con ricette, coccole e una richiesta precisa di verità e corpi autentici. Con una richiesta precisa di rispetto. Di amore, per noi stesse.
Daniela Gambino: palermitana doc, ha scritto una dozzina di libri, fra cui il saggio Media: la versione delle donne. Indagine sul giornalismo al femminile in Italia, uscito per Effequ; per caso è diventata una attivista etero per i diritti LGBT (per caso, perché i diritti umani sono degli umani e basta) con il saggio 10 gay che salvano l’Italia oggi, ha scritto il romanzo La perdonanza (entrambi i volumi pubblicati dalla casa editrice Laurana). Gestisce su facebook il blog @Comunicarepop. È in libreria con Conto i giorni felici, edito da Graphe.it, e sta lavorando al saggio Devastazioni, il femminismo a casa mia.