«Eravamo quattro amici al bar/che volevano cambiare il mondo », cantava nel 1991 Gino Paoli nella canzone “Quattro amici”. In questo caso, invece, gli amici sono cinque: Francesco Calì al pianoforte e fisarmonica, Gino De Vita alle chitarre, Marcello Leanza ai fiati, Giovanni Arena al basso elettrico e contrabasso, Ruggero Rotolo alla batteria. In altre parole, Libertango 5tet.
Il gruppo di matrice catanese (solo il chitarrista è di Marsala), nasce nei primi anni del Novanta da una storia di grande amicizia, che si è intrecciata a una profonda passione per la musica e a una sviscerata libertà d’espressione. Ispiratosi alla figura del musicista, compositore e arrangiatore argentino Astor Piazzolla (tant’è che il nome rievoca il brano più noto dell’artista), il gruppo è figlio della contaminazione tra Jazz e Nuevo Tango. «L’esordio ce lo ricordiamo bene – racconta la memoria storica del gruppo, Marcello Leanza – e fu roseo. Il Tango non era ancora esploso come genere musicale né come ballo a Catania e, dato che Francesco è un virtuoso fisarmonicista, decidemmo di contaminare Nuevo Tango e Jazz. Dopo alcuni anni ricchi di grafitazioni e due dischi, Francesco si trasferì in Danimarca. In seguito a ciò, il progetto subì inevitabilmente un rallentamento, ma non abbiamo mai smesso di crederci. E il gruppo si è sempre tenuto in vita».
Dopo quindici anni di “ibernazione”, lo scorso dicembre arriva “Point of no return”, che cela una promessa.
«Il titolo del disco è una promessa con noi stessi, quella di non permettere più che passi così tanto tempo per le prossime creazioni. È questo il nostro “punto di non ritorno”. Un impegnonel fare sempre musica, indipendentemente dai capricci del mercato, dalla vendibilità della proposta e da tutte le variabili che condizionano fortemente la vita di un musicista. Abbiamo deciso di essere liberi, con le contaminazioni che sentiamo nostre. Se le soddisfazioni arriveranno, avremo umiltà e cuore per accoglierle, ma se così non fosse, continueremo a “salvare” questo progetto dai capricci del mercato. Siamo cresciuti a pane e musica, negli anni in cui ci si doveva affermare sul palco e tutto il resto veniva dopo. Adesso, invece, si lavora più sulla capacità di costruire l’immagine».

Qual era lo scenario musicale degli anni Novanta?
«C’era richiesta di musica originale, ben fatta e ben suonata. Non che adesso manchi la qualità, ma è cambiata la musica stessa. Oggi c’è un tasso tecnico altissimo e molti musicisti sono davvero straordinari, tecnicamente dotatissimi, ma la musica si fruisce in modo diverso, è “liquida”, la si consuma più velocemente. E resta ben poco. Un mercato così veloce e vorticoso non ci favorisce. Non è un processo ai tempi moderni, ogni periodo ha le proprie dinamiche. Il gruppo è composto, piuttosto, da “middle-aged men”, con un modo proprio di comporre e suonare, a cui restiamo fedeli».
Quindi, in vent’anni non siete mai cambiati?
«I cambiamenti, in realtà, non si possono evitare, ma si può restare sé stessi. È comunque necessario adeguarsi ai tempi. Non si può avere solo un atteggiamento negativo nei confronti della modernità e del mercato. Il problema, piuttosto, è portare avanti un progetto che sia serio, originale e poterci vivere. Questo è l’azzardo più difficile per il musicista moderno».
Un progetto su mille ce la fa… ciò accade perché siamo in Sicilia?
«Direi che la questione è globale. Riguarda,piuttosto, il rapporto tra domanda, offerta e tempi di fruizione. Lavorare su materiale originale è un processo lento. E questo mercato non vuole prodotti che durino tanto, ci vogliono prodotti veloci, da sfruttare in tempi brevi. La musica, invece, è una di quelle cose che non la si può fruire sempre in modo veloce».

Quali generi raccoglie Point of no return?
«C’è una matrice fortemente jazzistica e c’è pure molta scrittura. Per un brano abbiamo utilizzato un’intera sezione d’archi,ma c’è anche il caro Tango trattato in chiave contemporanea. Francesco ha composto più della metà dei brani, mentre tre sono del chitarrista Gino De Vita, che è il più “folle”della squadra. Emmanuel Maccarrone è il produttore che ha creduto nel nostro progetto. Ancora una volta, abbiamo registrato allo studio TRP di Riccardo Samperi ».
Libertango 5tet si potrebbe titolare come la storia di una grande amicizia.
«Come tutte le storie di amicizia, non sempre si è in discesa;in ventisette anni ci sono stati anche disaccordi. Ma siamo sempre riusciti a rispettarci, mantenendo ognuno la propria personalità. Il gruppo non si è sciolto quando ci sono state le difficoltà, ma è proprio grazie a queste che il nostro progetto ha superato la prova più difficile: mantenere vivo il sogno».
La pagina facebook dei Libertango 5tet https://www.facebook.com/Libertango5tet