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Fabio Bagnasco: “Il mio cinema gioca col tempo”. Nuovi progetti e idee del regista siciliano

Fabio Bagnasco si potrebbe definire un “creativo trasversale”. Dalle prime esperienze nel giornalismo e nella formazione, all’approdo, inizio 2000, nel mondo delle produzioni con progetti multimediali (uno per tutti, Encyclopédie sicilienne, che sarebbe dovuta essere una sorta di Bignami della storia dell’isola), passando per le collaborazioni con Einstein Multimedia, MedStudios, per poi approdare a prestigiose collaborazioni come quella, ad esempio, con Franco Battiato di cui, a parte il rapporto di amicizia, è stato produttore di 2 importanti docufilm (basti citare “Attraversando il Bardo, il testamento artistico del grande catanese).
Fabio è stato anche l’uomo che ha portato nella sua isola, per la prima volta, un regista del calibro di David Lynch assieme ad alcuni progetti dell’omonima fondazione.
Ma non contento, spirito irrequieto per quanto vocato alla meditazione, dopo una esperienza didattica con la scuola di cinema indipendente Piano Focale, si è reincarnato nelle vesti di autore e regista, caratterizzato da una prolificità creativa senza precedenti.
Ma cominciamo con Argos, il suo primo cortometraggio.

“Argos è stato il famoso battesimo del fuoco. Partendo da una cellula ispirativa più legata all’atmosfera che a un preciso contenuto, dopo una visita a casa di Leonardo Sciascia, accompagnato dal nipote del celebre scrittore, si sono cristallizzate delle intuizioni e degli elementi con un forte potenziale narrativo: il cane Argos (che era il nome del cane di Sciascia), la casa di Racalmuto, lo stesso appartamento di Palermo, quasi sospeso nel tempo con un orologio antico che ancora riportava la data di morte dello scrittore. Un’esperienza sensoriale che ha risvegliato tutta una serie di suggestioni legate all’infanzia, allo stupore infantile, insomma a quella condizione paradisiaca e, quindi, irripetibile nell’esperienza di ogni essere umano. Posso dire che creativamente è stato una sorta di “crossworking”, tanti input differenti che si sono ritrovati in una specie di “creative synthesis” che si è tradotta in un racconto breve e, a giudicare dagli esiti, abbastanza apprezzato.”

Lei si è legato da subito a una start-up, WeShort, che oggi è una realtà importante nella diffusione del cinema breve, del cortometraggio.

“Assolutamente sì. Ho trovato in Alessandro Loprieno (Ceo e Founder di WeShort) e nel suo team talento, caparbietà, una enorme capacità di visione che, oggi, è qualità molto rara. WeShort non è una semplice piattaforma, ma ha tutte le potenzialità per diventare una Major nel campo del cortometraggio e non solo. Intendo dire che WeShort è un caso abbastanza raro, almeno in questo ambito, in cui si coniuga la tradizione del cinema con gli studi sulla fruibilità, la ricerca tecnologica con la didattica. E’ una mission molto articolata e complessa, che parte dalle origini della settima arte per approdare al futuro attraverso la consapevolezza del presente. E i risultati si vedono”.

Il suo nuovo progetto, “Un giorno in più”, sarà immagino ancora con WeShort.

“Sarà uno degli “Originals Weshort” che la piattaforma ha messo in cantiere. Credo molto nelle potenzialità di questo nuovo cortometraggio”.

Cosa può dirci?

“E’ un film breve che ha la fisionomia di un lungometraggio. Di questo devo dare atto alla coautrice del soggetto, Francesca Scaglione, e alla sceneggiatrice Filippa Gracioppo. Questo team creativo si è perfettamente sintonizzato sulla stessa lunghezza d’onda. Volevo raccontare una storia contemporanea, assolutamente attuale, ma che piantasse le sue radici in una sorta di non-tempo e non-lieux. Un modo per indagare, nella misura consentita dal cortometraggio, sul valore quantico del tempo e dell’identità. Ogni elemento, dalla recitazione degli attori, alle musiche di Fabio Cinti e Pierj, alle scelte di ritmo e montaggio fatte con Alessandra Martinez (montatrice molto sensibile e duttile) va in questa direzione.”

Anche la genesi produttiva è particolare….

“Si, abbiamo attivato una piccola strategia di sponsorship. Chi ha investito in questo progetto ha condiviso i suoi punti di forza e la sua qualità artistica. Abbiamo raccolto un parterre di 9 aziende, e tra queste alcune leader di settore, e successivamente ci siamo affidati a Eikona Film per la parte organizzativa e la produzione esecutiva. E’ una formula, a mio avviso, ripetibile, ma a patto che ci siano alcuni elementi, come dire, di impatto che possano sollecitare lo sponsor. Il progetto è stato monitorato poi da WeShort che anche in questa fase è stata determinante”.

Progetti futuri?

Un progetto di Short Series dal titolo “Athanor” che, nel suo piccolo, si candida a mettere in discussione tutti i canoni tradizionali della serialità. Pur essendo collocabile nel genere Thriller, sconfina continuamente nei territori del sogno, nelle pieghe di un “film nerissimo”, cupo e devastante che vira continuamente in territori sconosciuti. Mi sono messo a studiare antiche storie nere dell’Italia meridionale e l’intenzione è quella di inserirle come sottotesti narrativi che sono come delle contrazioni. Bisogna avere ben presente l’idea che ogni singolo episodio è un’unità produttiva e fruitiva. E poi ho intenzione di utilizzare il famoso “standalone”, un episodio che potenzialmente, pur racchiudendo in sé tutti gli elementi della serie, possa diventare qualcosa di diverso rispetto al resto senza dovere mettere in discussione l’intero funzionamento della serie. Questo ci servirà per inserire nella storia grandi cambiamenti a livello stilistico, narrativo e funzionale. Bisogna anche dire che è mia intenzione giocare molto con il connubio tra la tecnologia e il mondo arcano.
Un altro progetto, la cui scrittura è in corso di definizione, è un corto dal titolo “Time Machine”, liberamente ispirato alla storia di Padre Pellegrino Ernetti, presunto inventore di un congegno che sarebbe servito a recuperare immagini e suoni del passato. Sono debitore a Davide Pulici, autore di un saggio splendido su questa vicenda. Vorrei girarlo entro fine anno, magari con un produttore “ecclesiastico”, In cantiere abbiamo altri soggetti/trattamenti quasi in via di definizione. Uno di questi si intitola “Io vi salverò”… e credo sia una piccola rivoluzione nel modo di raccontare i delitti eccellenti di natura politico-mafiosa del nostro Paese, con un tono che va ben oltre la definizione estetica di surreale. Vedremo”.

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