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Teatro

Dieci anni di TAM a Marsala. Intervista a tutto tondo a Massimo Pastore

«Fin quando non ci sarà un tempo e un luogo per i nostri sogni, noi resteremo
abusivi. Abusivi in questo mondo che rifiuta i nostri desideri, le nostre speranze, le
nostre ambizioni. Perché, sia chiaro, siamo ambiziosi. E puntiamo al cuore. Senza
tremare. Senza Paura. Puntiamo al cuore perché non ci piace vivere sotto anestesia».


È questo l’incipit del Manifesto del TAM, acronimo di Teatro Abusivo Marsala, una
realtà nata “spontaneamente” sugli scogli di Capo Boeo nell’estate del 2011 quando,
su invito del poeta e filosofo Nino Contiliano, Massimo Pastore, assieme a un gruppo
di giovani allievi dei suoi laboratori teatrali nei licei cittadini, porta in scena
“L’ultimo viaggio di Sindbad”, di Erri De Luca.
Il TAM ha raggiunto il traguardo dei dieci anni e pochi giorni fa è stato ‘ospite’
dell’ultimo appuntamento della kermesse “Madre Mediterraneo” di Trapani, con
“Sala per Signore – Fimmina Sicilia – Racconto per filo e per segno”, di Giacomo
Bonagiuso con la regia di Massimo Pastore; un lavoro che racconta una Sicilia
lontana dagli stereotipi folkloristici di tanta parte del teatro in dialetto e dalla retorica
(spesso vuota e di facciata) dell’antimafia e del teatro di “genere”.
E che cerca al contrario, di dare voce e corpo a una Sicilia che si interroga sulle
proprie contraddizioni e sui suoi miti fondanti (la mafia, l’ineluttabilità del destino, il
fatalismo magico di certe sue movenze sentimentali, il dualismo mistico colpaespiazione). Alla fine, come accade sovente nel teatro, non ci sono risposte e non si
confezionano verità, ma si lascia spazio e tempo a nuove domande e a nuove visioni.
Che poi, a pensarci bene, è proprio ciò che caratterizza – in questa piccola parte di
mondo – il teatro del TAM e di Massimo Pastore: costruire scenari inesplorati ed
eversivi di senso e di interpretazione. Questi sono stati gli interpreti: Giorgia Amato,
Adele Cucchiara, Giovanna Scarcella, Laura Parisio, Cristina Genna, Anna
Cammarata, Cristiana Sanguedolce, Giovanni Lamia, Daniele Gerardi, Carlo
Ernandez, Alessandra De Vita ed Erica Parrinello, con i musicisti Roberta Genna,
Giacomo Bertuglia e Giovanni Gaudino.

“Fare bilanci non è semplice – dice Massimo Pastore – ma è giunto il momento di
questo ‘resoconto’ del decennale che iniziava la sua avventura a Marsala in riva al
mare – perché tutto iniziava con la messa in scena alle cosiddette “Due rocche” con il
testo di Erri De Luca, e il professore Nino Contiliano, padre spirituale di tutto ciò che
venne dopo, che ci chiedeva come si chiamava la compagnia che portava in scena lo
spettacolo e io che rispondevo che eravamo lì in veste abusiva – . Sono stati dieci
anni entusiasmanti, difficili, con molte soddisfazioni e qualche delusione. Non
abbiamo mai interrotto la nostra attività di divulgazione del repertorio teatrale (dal
classico al contemporaneo) con la messa in scena di testi sempre in prima assoluta
per la città di Marsala, e non ci siamo mai fermarti se non nel periodo del lockdown.
Siamo stati fedeli a quello che era il nostro proposito, ossia garantire e promuovere la
conoscenza della migliore cultura teatrale e dare la possibilità a tutti di assistere alla
messa in scena di questi lavori, il più delle volte in modo gratuito. Mai abbiamo
interrotto la formazione – aggiunge – che ha dato grande soddisfazione al TAM, e
voglio citare su tutti i nomi di alcuni ragazzi quali Chiara Vinci, Stefano Parrinello e
Francesco Pellegrino, che finito il TAM hanno avuto modo di frequentare enti
culturali importanti. Non abbiamo mai chiesto contributi pubblici e sovvenzioni, e
non abbiamo mai venduto i nostri spettacoli né mai fatto attività commerciale per una
nostra scelta: perché crediamo nella formazione e nella divulgazione culturale più
ampia possibile e che sia giusto farlo senza precluderla ai meno facoltosi …
Chiaramente, fin quando è possibile… Ma i momenti duri ci sono stati, e in quei
momenti non abbiamo mai ricevuto aiuti dagli organi preposti, non tanto in termini
economici, ma in termini di concessione, per esempio, di un locale dove svolgere le
nostre attività. Abbiamo anche presentato un progetto di gestione del Teatro
Comunale (senza nessun costo a carico del Comune), ma non ci è stata data alcuna
risposta. Comunque, non rinnego nulla e ho la consapevolezza di aver fornito una
possibilità a quanti avessero voluto scoprire il mondo del teatro di farlo in maniera
serie e rigorosa, perché per intraprendere un cammino di conoscenza nel teatro non si
può fare a meno del rigore e del sacrificio”.
Intanto il TAM prosegue la sua attività e dal primo ottobre prenderanno il via i nuovi
corsi per tre classi programmati come sempre dai 6 ai 13 anni, dai 14 ai 18, e per gli
adulti senza limiti di età, da 18 anni in poi, nei locali di via del Fante, 24 a Marsala.
“Abbiamo tutte e tre le classi complete – dice Pastore – e questo è motivo di orgoglio.
Siamo felici di essere stati ospiti della seconda edizione del Festival ‘Madre
Mediterraneo’, dove al termine dello spettacolo abbiamo avuto cinque minuti di
applausi: un bel riconoscimento che ci viene da Trapani e da questa iniziativa che ha
già una sua dimensione importante nel panorama delle iniziative culturali della Sicilia
occidentale, e non solo”.

Nuovi progetti? “Inizieremo a preparare il nostro spettacolo
in prima assoluta e prepareremo una nuova performance da mettere in scena all’inizio
della prossima estate, probabilmente nella prima decade di luglio. Quest’anno
vorremmo fare uno spettacolo corale dedicato alla città di Marsala. Anticipo che
parlerà di alcuni fatti storicamente determinanti per questa città, tranne che dello
sbarco dei mille di Garibaldi, abbastanza funestato da una retorica ormai indigesta.
Naturalmente, continueremo a osservare e a intercettare tutte quelle occasioni che
riterremo importanti per la vita della comunità cittadina marsalese, primo tra tutti
l’appuntamento con la riapertura del Teatro Comunale. Il sindaco aveva dichiarato
che a fine estate il teatro sarebbe stato riaperto, e noi stiamo aspettando. In ogni caso
un evento simbolico per questa riapertura (o non riapertura) lo metteremo in scena”.


Ma perché qualcuno dovrebbe decidere di far frequentare una scuola di teatro
come il TAM, ai propri figli, ad esempio?
“Il teatro non serve solo a preparare
attori, ma serve a insegnare a coltivare lo stupore, la meraviglia, la bellezza – dice
Pastore – e lo fa attraverso una continua reinvenzione della memoria, individuale e
collettiva. Papa Francesco, proprio in questi giorni, ha detto: “Senza memoria non c’è
stupore”, e io credo che sia una frase perfetta, anzi mi verrebbe da dire che mi
piacerebbe scriverla, appenderla e incorniciarla nel nostro Tam. Senza memoria non
c’è neanche la capacità di interpretare il presente e progettare il futuro, e il teatro ha
questa straordinaria capacità di far convivere nello stesso luogo e nello stesso tempo
questi tre momenti, parametri fondamentali per costruire una buona esistenza e
indirizzare verso la giustizia, la bellezza e la bontà. La motivazione principale
potrebbe essere proprio questa, per un genitore: non sperare di far diventare famosi i
propri figli, ma insegnare loro a lavorare su se stessi per comprendere meglio gli altri
e proporsi alla vita nella veste più luminosa e generosa, capaci di ottenere e dare
riconoscimento. Se manca il riconoscimento manca l’identità, manca la motivazione:
il migliore antidoto contro questo mancato riconoscimento è il teatro, il luogo dove ci
guardiamo allo specchio in qualità di spettatori e dove ci guardiamo dentro in qualità
di attori”.
Massimo Pastore evidenzia come stiamo vivendo tempi difficili, e ci racconta, con il
suo sentire, cosa può fare il teatro in un momento come quello che storicamente
attraversiamo, con la guerra, i disastri climatici, stritolati da una crisi economica
senza precedenti.
“Viviamo tempi difficili, ma proprio per questo il teatro assume un ruolo
fondamentale – continua Massimo Pastore. Come diceva un grande teorico del teatro,
Jacques Copeau, ‘il teatro nasce laddove c’è una ferita’ e noi portiamo sulla nostra
pelle molte ferite. Il teatro ha questo compito e dovere originario, quello di non tacere
l’amore, per dirla con Jacques Lacan; quello di diventare luogo di risoluzione dei
conflitti, di essere una piccola officina in cui realizzare, sperimentare nuove forme di
rispetto, luogo di esplorazione delle migliori risorse affettive e sentimentali di cui
ogni essere umano dovrebbe essere portatore e fruitore. Per questi motivi, noi
vogliamo che il teatro sia casa per tutta la comunità cittadina, una casa dove agire la
bellezza di essere donne e uomini su questo pianeta”.


Parliamo di futuro.
“Nutro molte speranze per il TAM e sono tutte indipendenti dalla mia persona e dalla
mia persistenza – conclude – ; speranze che vorrei venissero coniugate non nella
forma di un tempo futuro rassegnato a museificarsi in ambizioni vane, ma nel modo
dell’imperativo kantiano e penso che dovremmo coltivare un po’ di più la lettura di
questo filosofo. Mi piacerebbe che in questa fosse possibile avere un luogo di
formazione delle arti, una scuola civica totalmente gratuita e con particolare
attenzione per i giovani delle fasce sociali più deboli ed emarginate. Un luogo aperto
che diventi presidio di giustizia, di bellezza e di gioia: una balera dell’anima, come
diceva il mio maestro, Michele Perriera. Dobbiamo trovare la capacità di sognare un
mondo migliore. Calderón de la Barca diceva che è vero che la vita può sembrare un
sogno ma è anche vero che senza questa baluginante speranza di realizzare un tempo
migliore, non siamo abbastanza fedeli alla missione che ogni uomo e ogni donna
portano con sé nella propria esistenza”.
E allora come pensi che la città di Marsala viva e avverta la presenza del TAM?
“Io penso che in questa città il TAM sia una realtà consolidata e conosciuta da tutti
quelli che hanno a cuore il mondo dello spettacolo e del buon teatro. Una
testimonianza concreta di questa mia convinzione la puoi trovare nelle persone che
hanno frequentato il TAM in questi dieci anni. C’è chi di questa frequentazione, alla
fine, ha tratto spunto per diventare un attore professionista e chi l’ha archiviata nelle
esperienze della propria vita come momento di esplorazione di tutte le attività che la
pratica teatrale innesca. Eppure, quello che è mancato in questo decennio è stato il
riconoscimento pubblico a questa attività. Non parlo di targhe e diplomi al merito.
Parlo di un atteggiamento, da parte delle varie Amministrazioni che si sono
succedute, volto a potenziare le nostre attività, mettendo a disposizione piccole cose:
luoghi per i nostri spettacoli e uno spazio per le nostre attività formative. Per i “poteri
forti”, per usare un’espressione molto in voga, mi verrebbe da dire che noi non
esistiamo. Anzi, meglio: forse sarebbe meglio che noi non esistessimo. Perché il
teatro, il teatro che non si svende, è il luogo dove la verità viene disvelata, messa a
disposizione di tutti, senza filtri. Un teatro come quello proposto dal TAM è il luogo
di tutte le possibili verità, dove nessuna è migliore dell’altra, ma dove tutte si
mostrano in una veste fantasmagorica che poi sta allo spettatore decifrare, decriptare
per farne strumento di critica e di comprensione della realtà”.

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