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‘Devastazioni. Il femminismo a casa mia’. Rubrica di Daniela Gambino

Donne che rimanevano vedove e restavano vestite di nero per anni, se non a vita.

Io sono cresciuta così. Nere, d’estate, abiti che attiravano il calore, che si stingevano al sole, un guardaroba essenziale, gonna e maglioncino, gonna e camicetta.

Il vestito nero era un lutto dell’anima che segnava l’intera esistenza. Non lasciava speranze, la condizione di donna vedova, era senza appello.

Che io sappia, non accadeva lo stesso con i vedovi.

Le signore in nero lavoravano, ne ricordo una in bottega, le incontravi in chiesa, al mercato a fare la spesa, a prendere i bambini, ma il nero probabilmente segnava che non avrebbero mai più avuto accesso a una vita sentimentale. Una vita colorata.

Mai più, certo, non eravamo in India, a bruciare sulle pire. Ma le signore in nero sparivano. E indossare il nero lo diceva.

Quando ero ragazzina c’erano ancora le fujtine i matrimoni riparatori ed era da poco che il matrimonio per i minorenni era diventato fuorilegge.

Le disposizioni sul delitto d’onore sono state abrogate il 5 agosto 1981 (legge 442).

Nello stesso anno si abroga anche il delitto d’onore. «Per i delitti preveduti dal capo primo e dall’articolo 530, il matrimonio, che l’autore del reato contragga con la persona offesa, estingue il reato, anche riguardo a coloro che sono concorsi nel reato medesimo; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali». Insomma, se ti macchiavi del reato di violenza carnale questo veniva estinto se lo stupratore sposava la sua vittima, «salvando l’onore della famiglia».

In pratica, era l’onore della stuprata quello a essere in pericolo e non quella dello stupratore.

L’onore della donna è stato legato a doppio filo con l’attività sessuale.

Anche se consumata contro la propria volontà. In parte lo è tuttora, se una donna viene stuprata si chiede com’era vestita, in che contesto e che atteggiamento aveva.

Il suo atteggiamento verso la sessualità, se esibita, viene messo in discussione, lede la sua immagine pubblica (in un ambito moralista, va da sé).

Non è un discorso nuovo, lo so. Ma ogni volta che giudicate qualcuna per il suo atteggiamento sessuale, giudicate un esercito di donne, una parte di voi, che viene messa a tacere, che viene eliminata, resa sporca, usata contro di voi.

Fareste lo stesso con un uomo?

Daniela Gambino: palermitana doc, ha scritto una dozzina di libri, fra cui il saggio Media: la versione delle donne. Indagine sul giornalismo al femminile in Italia, uscito per Effequ; per caso è diventata una attivista etero per i diritti LGBT (per caso, perché i diritti umani sono degli umani e basta) con il saggio 10 gay che salvano l’Italia oggi, ha scritto il romanzo La perdonanza (entrambi i volumi pubblicati dalla casa editrice Laurana). Gestisce su facebook il blog @Comunicarepop. È in libreria con Conto i giorni felici, edito da Graphe.it, e sta lavorando al saggio Devastazioni, il femminismo a casa mia.

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